8 Marzo: le parole del Presidente Napolitano

11/03/2012 Nel suo discorso dedicato alla Festa dell’8 marzo, il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano ha toccato, con la consueta amabile fermezza, il tema della violenza sulla donna. Le sue parole hanno stigmatizzato la violenza brutale, con un chiaro riferimento ai tristi dati delle cronache recenti. Stupri, sevizie, uccisioni sono un fin troppo evidente invito a “ripartire dai fondamentali”, per ricucire o sanare le lacerazioni inflitte al corpo della persona e al tessuto di legami su cui è costituita una comunità nazionale che voglia dirsi civile. Il Capo dello Stato ha però ricordato che esistono altre, meno visibili, forme di violenza e prevaricazione nei confronti della donna; si tratta di atteggiamenti, gesti, comportamenti che, sia pur senza provocare ferite fisiche, tuttavia “rivelano una visione proprietaria e distruttiva degli affetti”. Questo richiamo non può non farci pensare alle mortificazioni, alle umiliazioni che la donna deve subire soprattutto nei posti dove lavora. Troppe volte si vedono persone — anche colte, anche intellettuali — rivolgersi a creature di sesso femminile con poca o nessuna sensibilità. A volte ciò accade per la mancanza di un vero rapporto di solidarietà; ma spesso accade per un malinteso senso di “familiarità” che spinge qualcuno a prendersi delle licenze, a mostrarsi come capace di entrare e uscire impunemente dalla sfera di privatezza dell’altra persona.L’eccesso di confidenza rivela allora una “visione proprietaria” della collega, della compagna, della dipendente e, perfino, della discepola prediletta. Ma tale invadenza colloca di fatto la donna in una luce dalla quale essa non potrà più recedere. La donna diviene merce, stereotipo, corpo pubblicato. La società spettacolarizzata del nostro tempo ci mostra stupri violenti e stupri simbolici. Ma non ci dice che tutti, in modi diversi,  fanno male. Grazie, allora, Presidente Napolitano, per la sua ancor vivida sensibilità. (mlm)


Filosofia e Teoria del Testo (2. sem.): considerazioni sparse

Filosofia e teoria del testo (2. sem.): considerazioni sparse

Cari Amici,
le lezioni del Corso di Filosofia e Teoria del Testo sono iniziate ieri, 20 febbraio 2012,e si protrarranno per 30 ore, distribuite in lezioni di 2 ore ciascuna secondo il calendario previsto : Lunedì e Giovedì pomeriggio. L’orario stabilito ha dovuto, però, essere cambiato: anziché dalle 16, le lezioni si svolgeranno dalle 17 alle 19; il lunedì in aula C e il giovedì (pare) in Aula A. Spero che certe sovrapposizioni e certi incroci siano eliminati da questa nostra mossa concordata coi primi studenti visti a lezione. Mi si dice che il nostro non è l’unico caso di sovrapposizioni di orario, che gli incroci sono inevitabili. La cosa non mi rincuora, anzi, se possibile, mi rattrista.

Il Corso di “Filosofia e teoria dell’oralità”dovrebbe svolgersi a seguire, cioè dopo che saranno finite le lezioni di “Teoria del Testo” (fra un mese e mezzo circa). Si è scelto di fare così per evitare altre sovrapposizioni e altri incroci. Prevedo che sia possibile completarlo, considerando i ritocchi al calendario didattico che si sono resi necessari dopo la maestosa nevicata delle scorse settimane.

Filosofia e Teoria del Testo è una disciplina bifronte: da un lato guarda alla eredità della Linguistica Testuale, e dall’altra alla eredità della filologia testuale dello scorso secolo. Il cuore è la nozione di Testo. A chi può servire? Penso sia utile al futuro docente o al futuro scrittore, ma penso soprattutto a chi i testi li deve leggere e deve sapere come si legge un testo, come lo si analizza, come si evita di proiettare se stessi in un disperante wishful thinkingche annulla il testo dinanzi all’ingombrante io di certi lettori faciloni o ideologizzati. La filosofia del testo vorrebbe insegnare a evitare quegli errori che sempre più spesso si riscontrano nel giornalismo, nella vita politica, nella vita accademica perfino. Il Testo non è il Libro: essi co-abitano forse e in parte uno stesso spazio, ma non sono la stessa cosa. Penso che la Teoria del testo sia utile — forse indispensabile — a chi desidera leggere un testo per farne un libro: a un editor, insomma. Sapete quelle persone che in una casa editrice leggono i manoscritti, li correggono, li elaborano, ovvero li cestinano? Ecco, questi sono editors. E il loro lavoro è tanto più importante quanto maggiore è il numero degli Autori che non sono scrittori di professione. Un buon editor è spesso uno studioso che applica le proprie conoscenze in modo creativo e competente. E’ un servitore leale del libro, perché sa cosa sia un testo; ma lavora al testo, perchè spesso ha un’idea precisa circa la dignità che deve essere posseduta da un libro a stampa. E, credetemi, nell’era della scrittura digitale, fare questo lavoro, studiare queste cose, è quasi dare una testimonianza di fiducia nel futuro della cultura. Pensateci: pensiamoci. (m.l.m.)


Ecco dove trovare il volume de “La Pastorale. Commedia natalizia del Settecento siciliano”

13/12/2011 Amici Studenti,
mi avete segnalato una settimana fa che il volume “La Pastorale” (edizione critica del dramma pastorale settecentesco del frate cappuccino Fedele da San Biagio)non  si trova nelle librerie e neppure nei Bookstores online; è dato come esaurito. Uhm! Poco convinto, ho provato a chiedere, ed ho girato la Vostra richiesta direttamente alla casa editrice. Il gentilissimo Dr. Luppino mi ha risposto che il volume si può richiedere direttamente alle Edizioni Università di Macerata (= Ceum o EUM), sia visitando il sito sia recandosi nelle librerie convenzionate qui a Macerata (p. es. “Le Indie”). Vi lascio qui di seguito il link della pagina del catalogo EUM:http://eum.unimc.it/catalogo/catalogo-2009/la-pastorale. 
Niente paura, allora, sia che cerchiate il libro per preparare il Vostro esame sia che lo abbiate scelto come regalo di Natale — mai testo universitario fu più appropriato al periodo del Natale.
Nel link troverete una breve scheda, i numeri telefonici delle EUM, il catalogo completo e la foto della bella copertina.

Quanto a me (che ho curato insieme ad Andrea Garbuglia il testo critico de “La Pastorale”), sono pago che l’opera abbia ricevuto il consenso di tanti lettori come Voi studenti, molti dei quali a me sconosciuti.
Approfitto di questo momento per ringraziare tutti Voi studenti per l’affetto che mi mostrate, per la passione con cui frequentate le lezioni e per il clima piacevole nel quale mi consentite di lavorare e studiare. Certo, se posso dirlo, scrivete un po’ troppe mails, obbligandomi a ritmi forzati di lettura. Ma non mi lamento di ciò: mi spiace solo di non poter rispondere adeguatamente a tutte le lettere, le quali sollevano talora problemi che esulano dalle mie competenze o sui quali non reputo mio compito esprimermi. Ma Vi ringrazio, con il cuore pieno di letizia e ricambio i Vostri sentimenti di stima e affetto.

il Vostro

marcello la matina


Ricordo di Rosa Calzecchi Onesti

Il 7 agosto scorso si è spenta la grande letterata di origine marchigianaRosa Calzecchi Onesti. Ai più il suo nome dirà poco o nulla; ma a chi ha buone letture e studi classici quel nome ricorderà i poemi di Omero, l’epica e la lingua greca arcaica. Rosa aveva infatti tradotto per Einaudi sia l’Iliade sia l’Odissea, dietro suggerimento di Cesare Pavese (allora grande ispiratore di audaci intraprese culturali). Le due versioni avevano presto conquistato l’attenzione del grande pubblico e degli specialisti di greco per via delle scelte della poetessa marchigiana. Il verso di Omero non si presentava più nelle forme tornite dell’italiano del passato; il metro vi faceva ovunque difetto, franto o spezzato, senza rime né ricercati barocchismi; gli epiteti formulari –  vera cifra stilista dell’epica orale – erano per la prima volta resi con voluta smemoratezza del registro aulico; quasi un porre la propria versione sotto l’auspicio di quel vortit barbare che tanto significò per le origini della letteratura latina. L’edizione Einaudi presentava anche il testo greco a fronte, come poi diverrà uso comune fino ai nostri giorni. Molte le scelte coraggiose e quelle discutibili, come accade con ogni opera che rompe gli automatismi per ricercare vie nuove. Vidi Rosa Calzecchi Onesti una sola volta, nell’agosto del 1995, nei pressi di Servigliano. Avevo con me la mia vecchia copia dell’Odissea, sulla quale erano i segni di reiterate letture; Rosa se ne compiacque e volle firmarla. Nella dedica, che oggi rileggo pensoso, l’auspicio per una amicizia da crescere all’ombra dei classici. Stranamente, si scordò di firmarla. Mi chiedo cosa penserebbe oggi del crepuscolo dei nostri studi humaniora e della inumanabêtise che sta trasformando la feconda narrativa dei nostri padri nella sterile manualistica di figli sempre più bambini: l’adulto sapiente Odisseo cederà alfine la sua cattedra al sempre fanciullo Emilio?  Tu, Rosa, non vedrai il probabile scempio della amata grecità. Ai tuoi occhi che contemplarono gli eroi dell’Antichità è stato risparmiato da un nume pietoso di assistere all’agonia dei tuoi e nostri eroi. Sit tibi terra levis.