Archivi del mese: agosto 2011

Ricordo di Rosa Calzecchi Onesti

Il 7 agosto scorso si è spenta la grande letterata di origine marchigianaRosa Calzecchi Onesti. Ai più il suo nome dirà poco o nulla; ma a chi ha buone letture e studi classici quel nome ricorderà i poemi di Omero, l’epica e la lingua greca arcaica. Rosa aveva infatti tradotto per Einaudi sia l’Iliade sia l’Odissea, dietro suggerimento di Cesare Pavese (allora grande ispiratore di audaci intraprese culturali). Le due versioni avevano presto conquistato l’attenzione del grande pubblico e degli specialisti di greco per via delle scelte della poetessa marchigiana. Il verso di Omero non si presentava più nelle forme tornite dell’italiano del passato; il metro vi faceva ovunque difetto, franto o spezzato, senza rime né ricercati barocchismi; gli epiteti formulari –  vera cifra stilista dell’epica orale – erano per la prima volta resi con voluta smemoratezza del registro aulico; quasi un porre la propria versione sotto l’auspicio di quel vortit barbare che tanto significò per le origini della letteratura latina. L’edizione Einaudi presentava anche il testo greco a fronte, come poi diverrà uso comune fino ai nostri giorni. Molte le scelte coraggiose e quelle discutibili, come accade con ogni opera che rompe gli automatismi per ricercare vie nuove. Vidi Rosa Calzecchi Onesti una sola volta, nell’agosto del 1995, nei pressi di Servigliano. Avevo con me la mia vecchia copia dell’Odissea, sulla quale erano i segni di reiterate letture; Rosa se ne compiacque e volle firmarla. Nella dedica, che oggi rileggo pensoso, l’auspicio per una amicizia da crescere all’ombra dei classici. Stranamente, si scordò di firmarla. Mi chiedo cosa penserebbe oggi del crepuscolo dei nostri studi humaniora e della inumanabêtise che sta trasformando la feconda narrativa dei nostri padri nella sterile manualistica di figli sempre più bambini: l’adulto sapiente Odisseo cederà alfine la sua cattedra al sempre fanciullo Emilio?  Tu, Rosa, non vedrai il probabile scempio della amata grecità. Ai tuoi occhi che contemplarono gli eroi dell’Antichità è stato risparmiato da un nume pietoso di assistere all’agonia dei tuoi e nostri eroi. Sit tibi terra levis.